domenica 16 novembre 2014

Unisciti al vortice. (sono chiamata, come tutti, a diffondere ciò che ho scoperto, ciò che ho sentito nelle profondità dell'anima.)

Che l'energia ti pervada.
Che l'energia invada ogni singolo piccolo spazio di te, del tuo corpo.
Tanto da esser all'esterno manifesta. Sulla tua pelle vibrante e colorita di benessere.
Che l'energia di pervada.
Mangia la frutta, mangia la verdura solamente lavata e a crudo condita. Assimila l'integrale, la totalità delle cose, non una parte di esse.
Cogline poi l'essenza nel movimento.

Senti il tuo corpo. Sentilo.
Senti che vibra al suono prodotto dalla nota più acuta di un consapevole cantante.
Vibra anche tu con esso, produci anche tu il suono. Un suono, quello che il tuo corpo sente di emettere. Che sia un lamento sconnesso, una parola ben distinta, o una vocale.
Senti il tuo corpo bruciare sotto lo sforzo della corsa e sentine il dolore dei muscoli restii ad allungarsi. Immagina un viso davanti a te e allungati per prenderlo tra le mani e carezzarlo, i tuoi muscoli si tenderanno senza remore.
Fallo al buio, senza distrazioni. E' nel nero che intravedi una luce. E' nel nero che cercherai tutti i tuoi colori. Ed è lì che li scoprirai come il più entusiasta e deterinato degli esploratori.
Allena l'energia del pensiero, la concentrazione. Convoglia tutto il tuo potenziale energetico al centro. Resta in piedi, appena dondolante. Unisci le mani a preghiera, il sacro gesto della sottomissione e della comprensione, del chieder scusa, della prostrazione difronte all'immensità del meccanismo del quale fai parte.
Unisciti al vortice.

Ascolta la musica, lascia che la melodia sia il dito che preme l'interruttore che apre le porte dell'anima. Danza oppure non farlo. Danza muovendoti e poi da fermo. E' importante farlo in entrambi i modi perché nel primo, allenerai la mente a tacere, il secondo sarà l'esame, la prova della riuscita dell'allenamento.
Canta mentre danzi.
Crea un vortice e poi entra in esso.
Muovilo.
Tienilo in vita, come se dipendesse da te.


Immagina.
Ma più d'ogni altra cosa, fai.
Immagina e poi fai.
Vivi. Agisci. Sii.





sabato 15 novembre 2014

The Burden

ispiratomi da:
   The Burden (Salomè)- credits: http://www.sicioldrart.com/

La portata del nostro squarcio di vita è troppo grande. Troppo grande per custodirti solo nell'anima e nel cuore. Sto facendo la cosa giusta, lo so, me lo dice ogni singola molecola del mio sangue.
Lo prendo e lo metto nella bisaccia, badando bene a non graffiarlo né scheggiarlo.
Contemporaneamente al chiudersi del portone alle mie spalle, un violento schiaffo del vento mi coglie impreparata. Non importa, ne ho ricevuti molti altri in passato e non solo dal vento.
Il mio inceder si fa sicuro; feroce come se stia per trasformarmi in quella famosa tigre di cui si parlava ai tempi; sotto l'influsso di questa falce di luna che mi comanda, mi assoggetta completamente, mi dà vita.
Il vento non è solo forte, ma gelido. Sento che sto per farmi compatta in ogni mia parte.
Mai come oggi, sento di saper cosa voglio, cosa sto facendo, devo portarti e tenerti con me per l'eternità; finché durerà la mia.
Tante cose ho imparato da te. Una di queste, scalare. Che si trattasse di montagne, come uno dei più bravi escursionisti; o di muri, come il più agile ed invisibile dei ninja. Impara l'arte e mettila da parte, è così che si dice? Io non metto da parte niente, e così ogni giorno rivivo i tuoi insegnamenti, le mie paure, il cuore che si piega sotto la sferza dei crampi del passato. Ogni giorno rivivo ogni cosa, l'arte del vivere e del non vivere.

Un ultimo sforzo e la scalata mi porterà nel tuo antro.
Sono qui.
Tu dormi nella soffice morsa dei due cuscini, i soliti. Uno tra le gambe, ed uno sotto il capo. Il calore che cerchi, lo trovi lì. Perdonami d'aver mancato, di non avertelo saputo donare.
Bando alle ciance, ti farò mio per sempre, una volta per tutte. Non con le mie solite parole delle quali mi son fin ora servita per la tessitura di poesie e raccontini, ma con i gesti. Uno solo.
Sei di spalle, allora vengo io da te, faccio il giro.
L'angelo che ho sempre ammirato come in un affresco è ancora lì, in te. Sottile ed impercettibile il tuo respiro. Fiabesco nella sua inverosimilità.
Chissà cosa stai sognando. Sogni sempre, tu. Film del più raffinato e psicologico stile fantasy. Ode al tuo inconscio, che straborda da ogni connessione neuronale.
D'un tratto sento di volermi coricare con te, abbracciarti da dietro; esplorare per ricordare i solchi del tuo petto, statuario. Ma non posso lasciarmi andare a simili amorevolezze. Nemmeno questa volta...

Lo tiro fuori dalla bisaccia. Brilla sotto il chiarore della falce celeste, il mio pugnale arabo.
Farò presto Amore. Non ti farò del male, questa volta.
Prometto che sarà indolore. Manterrò la parola data, questa volta.
In me l'eccitazione di una bambina che scarta i suoi regali. Ma devo stare attenta, non lasciarmi prendere dall'entusiasmo del farti mio per sempre, ed essere finalmente matura. Almeno questa volta.
Il colpo è secco, sono stata molto brava. Hai avuto giusto il tempo di aprire i tuoi occhi meravigliosi ed imploranti. Hai quasi sussurrato il mio nome, ed io il tuo.
Ho detto “Amore”, questa volta.
Scappo via, scappo via lasciando insanguinate le lenzuola e monco il tuo corpo. Mancante di ciò che più avevi fino a qual momento curato: la testa.

Ho chiesto alla sarta di cucire questo copricapo con la più pregiata delle stoffe e la più resistente delle pelli. Dev'esser davvero ben fatto per poter reggere il peso di cotanta brillantissima materia grigia e dev'esser bellissimo ma non appariscente, per esser all'altezza della singolarità dei tuoi tratti e della luminescenza dei tuoi occhi, che ancor brillano, seppur senza vita ormai.
Ti ho con me ora. Ed è per sempre. 
E' pesante, sì. E' pesante il fardello di cui voglio farmi carico. Non potrebbe esser altrimenti, visto il vissuto. Ma sono disposta a portarlo, sono decisa a farlo. E' tutto pronto, sono forte ormai.
Non solo ho il tuo capo, ma me lo porto sempre dietro, anzi davanti, come se volessi comunicare ad ogni uomo, ad ogni donna, ad ogni essere che incontro lungo il cammino, che non c'è speranza, che sono ormai morta, perché quel giovane con cui condivisi la vita per un tempo, vive ancora in me, e me lo porto dietro ovunque vada.
Senza alcuna speranza-né volontà- di liberazione.